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Ninni, mio padre di Roberto Sapienza con Vittorio de Agrò

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Una chiacchierata attesa vent’anni, così dice il titolo di questo libro.. Sono passati vent’anni dalla morte del padre di Roberto e lui non ha mai avuto la possibilità di conoscerlo per davvero.

Tutto inizia da un confronto generazionale, un nipote con uno zio. Sembra che parlino lingue diverse, ma hanno un solo obbiettivo, quello di ricordare un nonno e un padre.

Lo zio ha bisogno di raccontare e il nipote vuole conoscere veramente il nonno che non ha mai conosciuto. Ma lo zio Roberto si rende conto che non riesce a descrivere suo padre, lo ha mai conosciuto davvero?

Pensa e ripensa, ma di lui ricorda solo che era un padre severo che ha sempre cercato di imporre le proprie convinzioni a tutta la famiglia.

Carmelo che, in un certo senso, osserva la scena dall’alto, è sconvolto dalla considerazione che il figlio ha di lui. Sperava di aver lasciato un segno migliore sulla terra prima di morire, ma forse così non era stato e non è sempre possibile rimediare.

E se invece, a Carmelo venisse data questa possibilità? forse non è detta l’ultima parola.

Carmelo, infatti, grazie a Gabriele può riscattare la sua memoria facendo quattro chiacchiere con il figlio Roberto.

Nella prima e nella seconda parte del libro, Carmelo racconta a Roberto tutta la sua vita a partire da quando era molto piccolo. Il rapporto con sua madre e suo padre non era dei migliori, però era un tipo vincente e appassionato allo studio. Sembrava che la vita potesse sempre sorridergli, finché la morte del fratello e pochi anni dopo quella del padre, lo segnano profondamente.

“[…]gli uomini si illudono di poter disporre del tempo, di progettare un fururo, di poter fare i conti senza l’oste, che è onnipotente. E fa e disfà, e crea e uccide, secondo le sue bizze misteriose.”

Dopo un periodo di grande sconforto sia per lui che per sua madre, Carmelo ha continuato la sua vita mantenendo le redini della famiglia, cercando di sostenere la madre e di riuscire al meglio negli studi e nel lavoro.

“Un uomo, è tale se ha uno scopo, un obbiettivo, un progetto. […] Mio padre era un vulcano di idee ed entusiasmo.”

Nell’ultima parte del libro, che è quella in cui ho trovato molti punti di riflessione, finalmente avviene un confronto fra Roberto e Carmelo. Carmelo racconta la parte della sua vita dopo la nascita dei suoi figli. Qui Roberto inizia a contestare molti dei comportamenti del padre, perché li ricorda molto chiaramente.

Purtroppo Carmelo come tutti i padri dell’epoca, era influenzato dalla società in cui viveva, voleva proteggere i figli dalle maldicenze e dai pettegolezzi. Per questo li spronava a trovarsi una fidanzata a fare nuove esperienze, pensando di fare la cosa giusta. Ma non era così semplice.

Lo sai come funziona in Sicilia, Roberto. Catania è nella Trinacria e non fa eccezione. Basta una vaga diceria, un’infondata calunnia, un vociferato sospetto, una chiacchiera tra comari e ci si può ritrovare con un’etichetta infamante addosso.

Ognuno ha bisogno di vivere ogni tappa della propria vita al momento giusto, per alcuni questo momento arriva prima, per altri dopo. Ma per Carmelo era troppo difficile da capire, avrebbe voluto che i figli si sistemassero con il lavoro e con una famiglia.

Come fa un genitore a capire quale è il comportamento giusto da assumere con un figlio?

La risposta è che non può saperlo. Fa delle prove, fa dei tentativi e spesso sbaglia. Ma non si può colpevolizzare un genitore per i suoi errori.

Se da piccoli si è convinti che i genitori siano perfetti, man mano che si cresce si inizia a capire che non lo sono, hanno anche loro dei difetti e spesso sbagliano. L’unica cosa che dobbiamo ricordare è che le decisioni che prendono, in merito alla nostra educazione, hanno il solo e unico fine di farlo per il nostro bene. Probabilmente non lo è fino in fondo, ma tutti possono sbagliare.

A Roberto è concesso di scoprire il passato di Carmelo e il perché delle sue decisioni. Purtroppo, giorno per giorno non è semplice capire le motivazioni degli altri, sopratutto se questi ultimi sono i nostri genitori.


In conclusione, credo che la storia di Roberto e Carmelo apra molti spunti di riflessione e non solo, ci presenta un excursus storico sulla Sicilia e sulle usanze del tempo. Dall’attaccamento alla terra, fra i pettegolezzi e i problemi del paese fino all’emigrazione verso il nord dell’Italia. E’ un libro che consiglio se non cercate una lettura leggera, ma qualcosa su cui possiate soffermarvi. Perché vale la pena riflettere su quello che facciamo per i nostri figli e viceversa su quello che i genitori fanno per noi.

E ricordatevi che fare da genitore è il lavoro più difficile del mondo.
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