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I fiori non hanno paura del temporale di Bianca Rita Cataldi

Bologna, è bastato il nome di una città per convincermi a leggere questo libro. La mia città, non di nascita, ma per scelta. Una città che ho imparato a scoprire anno dopo anno, portico dopo portico. Un po’ come le ragazze protagoniste di questo romanzo!

L’autrice descrive la Bologna del 1997 attraverso gli occhi di una bambina, Serena di soli 7 anni e di sua sorella, Corinna che di anni ne ha 16. Nove anni di differenza, che per quanto si provi ignorare, si fanno sentire. Serena è la piccola di casa, l’ultima arrivata che porta tutti i caratteri ereditati dalle donne della sua famiglia. La mamma Bruna e la nonna con tutte le sue innumerevoli sorelle, tutte con gli stessi capelli scuri. Donne forti e caparbie, con la passione per le storie, per l’arte e per i pettegolezzi!

Corinna, invece, sembra essere uscita da un’altra famiglia, ha i capelli rossi e le lentiggini. Le due ragazze, infatti, hanno un padre diverso: il primo amore della loro mamma che è andato via prima di vederla nascere.

Le loro vite scorrono normalmente, fra la scuola, gli amori platonici e il tiramisù al pistacchio. Quando improvvisamente viene recapitata a Corinna, una scatola di scarpe. E a mandargliela è proprio quel padre che non ha mai conosciuto.

Quando ho letto la sinossi di questo libro, avevo immaginato che la storia fosse narrata dalla sorella grande, quella che si ritrova con una scatola di oggetti apparentemente inutili. Invece, a raccontare la storia è proprio Serena, la sorella piccola.

Da sorella maggiore, è stato strano sentire il punto di vista di una sorella minore. Serena, osserva la sorella grande da lontano, la guarda truccarsi, ascoltare la musica in inglese e leggere centinaia di libri. E Corinna non ha nessuna intenzione di coinvolgerla nella sua vita da adolescente (non l’avrei fatto nemmeno io). Ma Serena l’ammira, qualsiasi cosa lei faccia, anche se si trucca gli occhi di nero ed esce con ragazzi di dubbio gusto, lei la osserva e quando non capisce qualcosa, chiede alla nonna, perché le nonne sanno sempre tutto.

Quando però Corinna riceve la scatola, inizia per lei un percorso di ricerca per scoprire il significato degli oggetti contenuti. Così decide di coinvolgere anche Serena.

Io, naturalmente, ho viaggiato con loro, fra il bar Vittoria in San Vitale e le colonne con la V disegnata. Portico dopo portico ho accompagnato Corinna e Serena da Bolognina a piazza XX Settembre, e vi giuro che è davvero strano leggere di posti così vicini a te. Riesci a percepire la stessa magia, lo stesso entusiasmo.

Oltre l’ambientazione Bolognese, però mi ha incuriosito l’alone di magia che si nasconde fra le righe, i fantasmi delle zie sempre presenti, come se chi morisse non ci lasciasse mai davvero. Il personaggio di Donna Marzia, una persona estranea alla famiglia ma che riesce comunque a farne parte, perché non sono solo i legami di sangue che tengono insieme le persone. La narrazione che cambia, prima da una Serena bambina e poi da una Serena adulta, senza codini, ma con la stessa innocenza e semplicità nel cuore.

La complicità fra sorelle mi ha stupito. C’è stato un momento nel libro, in cui pensavo che tutto sarebbe andato a rotoli, che Corinna avrebbe perso la pazienza distruggendo quello che stava creando con la sorella e invece lei si è comportata in modo diverso da come avrei fatto io. Per un attimo mi sono sentita sopraffatta. E credo che quando un libro riesce a suscitare emozioni del genere sia un gran libro.

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