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I giochi perduti di Pietrino Fabiano

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In un lunedì nevoso di Novembre provo ad immergermi in una lettura totalmente diversa dalle solite. Un libro che mi riporta nel mio paese, alle mie origini. Quelle fatte di pomeriggi primaverili aspettando il permesso di poter andare a giocare fuori.

Così, in mezzo alla strada, con qualsiasi cosa ci capitasse fra le mani. Tutto poteva diventare un nuovo gioco, bastava un gesso per costruire a terra la piantina di una casa, piena di stanze.

Oppure, bastava una scala e un marciapiede e noi lo immaginavamo come un castello o un trampolino per tuffarci. Con l’immaginazione puoi tutto, non hai bisogno di qualcosa di materiale.

Pietrino Fabiano cerca con questo libro di trasmettere quella semplicità che contrastigueva i bambini di una volta. Ci parla degli anni 60, in un paese del sud Italia; si trova in Calabria, a Rocca di Neto che sorge sul fiume da cui prende il nome.

La parte alta di questo paesino è chiamata “u Casinu” ed è proprio questo il posto in cui prendono vita i giochi dei bambini di un tempo. Quelli che, come dicevo prima, erano capaci di inventare l’inverosimile, pur di divertirsi senza alcuna spesa, senza nessun gioco materiale.

Sono proprio questi giochi semplici che Fabiano ci descrive nei particolari. Ho riconosciuto “U fazzolettu”, anche se noi lo chiamavamo “Ruba bandiera” e la “Campana”; lo imparai per la prima volta da mia nonna, perché nei caldi pomeriggi d’estate non c’erano solo i bambini a giocare per le strade, ma anche le nonne e le vicine di casa. Loro si riunivano davanti alla porta, portandosi rigorosamente la sedia e rimanevano lì delle ore a spettegolare e a dare un’occhiata ai nipoti. E proprio in queste occasioni, le nonne ricche di esperienza tiravano fuori questi bellissimi giochi per tenere occupati tutti i nipoti. Anche “il gioco della corda”, “nascondino” o “il gioco del filo” erano alcuni di questi.

Io sono nata nel ’92, eppure, nel mio piccolo paese vicino Crotone, facevo questi giochi; alcuni li conosco molto bene, altri li ho scoperti grazie a questo libro. Ma probabilmente a quell’età mi sarebbero piaciuti tutti.

Questa raccolta di giochi vuole proprio trasmettere la semplicità di un tempo, ma soprattutto l’importanza che si dava alle cose. Forse sono solo dei giochi, forse è proprio grazie a quelli se una volta si era più svegli, più portati per le cose manuali e più capaci di arrangiarsi con poco. Oggi abbiamo bisogno di troppo o effettivamente crediamo solo di averne bisogno.


Sinossi: Questo libro racconta i giochi d’infanzia dell’autore, ne descrive dettagliatamente le regole e poi li fa rivivere insieme ai compagni di un tempo, tra quelle “rughe” polverose, dove si affacciavano le piccole case umili e stracolme di bimbi. Si giocava in ogni rione, a qualsiasi ora, e difficilmente ci si addentrava in “territorio nemico” da soli, perché si rischiava di restare prigionieri e subire le angherie degli altri ragazzi. Ogni rione aveva la sua banda, con a capo un “generale”, come quella della “Via Pal” o delle “Camicie rosse” del mitico romanzo ungherese.

I giochi scandivano le stagioni, c’erano quelli estivi e primaverili, quelli invernali e autunnali, perché un tempo esistevano tutte le stagioni. Non esisteva noia, il tempo correva velocemente e la sera si era così stanchi che anche il sonno diventava un piacere. Questi i ricordi di un’infanzia che, a dispetto del progresso tecnico e scientifico, l’autore rivivrebbe integralmente.

Pietrino Fabiano è nato a Rocca di Neto nel 1956. Direttore amministrativo in pensione dal 2014. Il suo primo lavoro a 20 anni presso la Direzione Didattica di Esine (BS), poi un lungo periodo all’istituto tecnico indutriale “G. Donegani” e al quarto circolo didattico, infine al Liceo Classico “Pitagora” di Crotone. Oggi mette a disposizione gratuitamente della UIL scuola di Crotone la sua pluriennale esperienza. I giochi perduti è la sua prima avventura letteraria.

Per l’acquisto: Calabria letteraria Editrice

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